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La città di Fiume, oggi, Rijeka (Croazia) appartenne all’Italia dal 1924 al 1945, ma la città ha sempre avuto la maggioranza della popolazione di etnia e cultura italiana.

Con il Trattato di Pace di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, quindi conseguente al secondo conflitto mondiale, fu ceduta alla Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia, che aveva occupato militarmente Fiume fin dal 3 maggio 1945, assieme al resto della regione giuliana.

Carta topografica dell'Istria

Nel 1939 la città aveva 58.616 abitanti, dopo la fine della seconda guerra mondiale in base ad un censimento del 30 novembre 1945 ne contava 47.839. A questi ultimi venne negato il diritto all’autodeterminazione e fu concesso loro, in base al trattato di pace di Parigi, solo di optare fra i due stati, vincolando tale concessione al riconoscimento della lingua d’uso da parte dell’autorità occupante. Si calcola che non meno dell’88% dei cittadini in tali condizioni scelsero la via dell’esodo in Italia.

Al fine di ricordare l’ingiustizia subita, ricostruendo la memoria storica di un popolo incolpevole, è sorto a Roma l'Archivio Museo storico di Fiume.

Oggi Fiume appartiene alla Repubblica di Croazia e conta circa 167.000 abitanti (dati De Agostini - Atlante 1997) di cui circa 4.000 appartengono ufficialmente alla minoranza italiana rappresentata dalla Comunità Italiana con proprio statuto e propria sede.

La città trova le proprie origini nell’antica Tarsatica romana, che si presume sia stata fondata nel 35 a.C. sotto Ottaviano Augusto e che fu distrutta nel corso delle invasioni barbariche tra il VII e il VIII secolo d.C. Fiume rinasce nello stesso sito agli inizi del secondo millennio con il nome latino di Flumen, tradotto dai croati in Reka, Rika o Rijeka, distinguendosi dalla vicina Tersatto, che dall'ottavo secolo in poi fu popolata dai croati.

La città era conosciuta nel Medioevo anche come Terra Sancti Viti. Nel 1465 passando dalla signoria dei Frangipani pervenne a quella dei Walsee e quindi alla Casa d’Asburgo.

Federico III d'Asburgo riconobbe i diritti della sua consolidata autonomia comunale.

L’uso della lingua latina appare costantemente nei documenti della pubblica amministrazione e così nelle epoche successive l’uso della lingua italiana.

 

Fiume - Piazza delle Erbe e Torre Civica

Al dialetto veneto parlato in città e nelle vicine località costiere istriane, s’abbinava anche l’uso del dialetto ciakavo croato (definito nell’ambito comunale, con apposito statuto del 1876, ai fini dell’istruzione pubblica come illirico) nel quale erano frequenti prestiti e calchi linguistici di origine veneta.

Fiume non fu mai sottoposta a Venezia che la distrusse dopo una breve battaglia nel 1509. La città divenne «Corpus Separatum» annesso al Regno d’Ungheria, nell’ambito dell’Impero Asburgico, per decreto di Maria Teresa d’Austria nel 1779. Tale decreto, inviso ai croati, concederà una particolare autonomia ai fiumani. Tra il 1809 e il 1813 fu occupata dalle truppe napoleoniche ed entrò a far parte delle Province Illiriche. Dopo la sconfitta di Napoleone ci fu un periodo di transizione, alla fine del quale la città fu restituita all’Austria (1815).

Ritornò, però, sotto la sovranità ungherese nel 1822. In seguito agli avvenimenti legati alle lotte della prima guerra di indipendenza, l'imperatore d'Austria, per premiare la fedeltà dei croati durante le ribellioni degli italiani e degli ungheresi, Fiume fu concessa ai croati, rimastigli fedeli. Il periodo croato durò dal 1848 al 1868, ma la città non accettò mai tale situazione politica e dopo alcune tormentate vicende decise di non inviare più i propri rappresentanti alla Dieta di Zagabria. I fiumani ritornarono di nuovo all’Ungheria nel 1868 che ne riconobbe, con un nuovo statuto, il diritto all’autonomia. Dal 1870 al 1890 si svilupparono ottimi rapporti tra i fiumani e il governo ungherese. Questo periodo è ricordato emblematicamente come "l'idillio ungherese". La città divenne sede di nuove industrie ed il suo porto fu ampliato considerevolmente. In questo periodo si distinse per la buona amministrazione della città il podestà Giovanni de Ciotta.

Alla fine dell'Ottocento mutarono gli equilibri politici e sorsero dispute in città contro l'amministrazione ungherese. Una parte di fiumani si sentì di dover affermare la propria italianità contro i tentativi di magiarizzazione imposti anche nelle scuole.

Nel 1905 si costituì la «Giovine Fiume» movimento studentesco d’ispirazione irredentista e mazziniana favorevole all’Italia. Scoppiata la prima guerra mondiale alcuni fiumani insieme ad altri irredentisti istriani e dalmati si arruolarono nel regio esercito italiano, rischiando la forca.

Alla fine della prima guerra mondiale, avvicinandosi lo sgretolamento dell'Impero Austro-Ungarico, il deputato fiumano Andrea Ossoinack al Parlamento ungherese reclamò per la sua città il diritto all’autodecisione. Successivamente, nella nella latitanza d’ogni potere e per evitare una nuova occupazione croata, si costituì il 30 ottobre 1918 un Consiglio Nazionale Italiano presieduto da Antonio Grossich, per reclamare l’annessione di Fiume all’Italia contrapponendosi così ad un Consiglio Nazionale Croato che chiedeva l’annessione alla Croazia, che faceva parte del neo costituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (S.H.S.), uno stato voluto dai francesi e dagli inglesi per limitare l'influenza politica italiana in Adriatico orientale.

Nel corso delle trattative diplomatiche a Parigi per la stipula del Trattato di Pace, prevalse la volontà del Presidente statunitense J. W. Wilson, orientato per una soluzione volta a creare uno stato autonomo fiumano.

La protesta italiana si concretizzò nell’Impresa di Gabriele d’Annunzio (12 settembre 1919) che occupò militarmente la città dichiarandola annessa al Regno d’Italia.

Gabriele D'Annunzio

Sconfessato dal Governo di Roma, il poeta-soldato resistette ad oltranza creando «La Reggenza Italiana del Carnaro» (8 settembre 1920) dotata di costituzione e di governo propri.

Il 12 Novembre 1920 si era firmato un accordo a Rapallo tra il Regno d'Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni che aveva dato vita, mutilando parte dell’area portuale, allo Stato Libero di Fiume, che sorse con una propria Costituente regolarmente eletta ed ebbe un suo presidente nella persona di Riccardo Zanella.Tale soluzione scontentò molti fiumani e i fautori dell'idea nazionale italiana nel territorio quarnerino. D'Annunzio si rifiutò di abbandonare la città per ottemperare agli accordi di Rapallo, ne fece seguito uno scontro armato fra truppe italiane governative e legionari dannunziani nel Natale del 1920, che pose fine all’Impresa.

Tuttavia gli autonomisti pur vincendo le elezioni per la costituzione dello Stato libero, non riuscirono effettivamente a dargli vita per l'opposizione interna dei movimenti nazionalisti filoitaliani.

Il 3 marzo 1922 un manipolo di fascisti di Trieste, guidati da Francesco Giunta, assieme ai legionari dannunziani rimasti in città e agli irredentisti locali, fecero cessare con un colpo di mano l’esperienza dello Stato Libero di Fiume dopo aspri dissidi interni. Passato un periodo di commissariamento, il 27 gennaio 1924, sotto il primo governo di Mussolini, si addivenne alla stipula con la Jugoslavia del Trattato di Roma tramite il quale veniva riconosciuta l’annessione della città all’Italia.

Il governatore gen. Gaetano Giardino il 16 marzo, alla presenza della maestà del Re Vittorio Emanuele III, proclamò solennemente a una folla immensa lo storico avvenimento.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Fiume partecipò all’impegno bellico della nazione italiana. Nel 1941 l’Italia invase la Jugoslavia unificando Fiume con la limitrofa città croata di Sussak e la elesse a capoluogo provinciale di un territorio che comprendeva centri con un’assoluta maggioranza etnica croata e slovena.

L’8 settembre 1943, in conseguenza dell’armistizio proclamato dal generale Badoglio, Fiume venne considerata dal Terzo Reich tedesco «Zona di operazione militare del Litorale Adriatico» soggetta amministrativamente e militarmente all’autorità germanica, pur rimanendo formalmente inalterata la sua appartenenza legale alla sovranità italiana.

Dopo un mese di aspri combattimenti il 3 maggio 1945 entrarono in città le truppepartigiane jugoslave. Fiume conobbe allora un duro regime dittatoriale di marca comunista il quale in pochi anni causò oltre 650 vittime nell’ambito della componente etnica italiana e con una politica impopolare e oppressiva, provocò l’esodo pressoché totale della popolazione autoctona. Oltre 38.000 fiumani reggiunsero, con ogni mezzo ed a rischio della propria vita la vicina Repubblica italiana. Non sempre l'accoglienza fu favorevole.

Nonostante le drammatiche vicende di cui la città fu vittima e i molteplici mutamenti subiti, la storia sofferta della sua identità culturale di carattere italiano fu definita: UNA STORIA MERAVIGLIOSA.

La Società di Studi Fiumani cerca ora di conservarla, di promuoverla e di proteggerla dalle deformanti passioni della politica.

Dopo l'esodo dei fiumani furono costituite delle associazioni (Leghe fiumane, Società di studi fiumani, Libero comune di Fiume in esilio) che tuttora mantengono vivo il retaggio spirituale e culturale della città perduta. Nell'odierna città di Fiume-Rijeka ha sede la Comunità nazionale degli italiani, che promuove la conoscenza dell'italianità fiumana ancora presente in città.

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